ENOGASTRONOMIA

La tradizione gastronomica del territorio è legata a piatti semplici derivanti dalle coltivazioni locali e dall'allevamento. Nel passato, le famiglie del territorio basavano la sopravvivenza su ciò che riuscivano a coltivare nei loro orti e inoltre allevavano qualche animale. In occasione dell' uccisione dei maiali si aiutavano per la preparazione dei prosciutti, salami, salsicce e lardo. Essendo molto attenti a risparmiare, compravano solo un po' di spezzatino per il sugo della domenica.

Un piatto molto comune era costituito dalle patate a tocchetti, insaporite a volte da qualche pezzetto di maiale e condite con la ventresca, con l'aggiunta di uno spicco d'aglio, un po' di rosmarino, sale e peperoncino. Preparavano un piatto di verdure o di pomodori maturi con patate e cipolle.

Situata accanto al fuoco si trovava di frequente la "pignatta" per la cottura dei legumi. La pasta veniva di solito fatta a mano. Nei dolci, preparati prevalentemente nelle feste, venivano utilizzate molto sia le noci che le nocelle. Con le cotogne veniva preparata la cotognata e il liquore di ratafìa, che poteva però essere fatto anche con le amarene

Una volta alla settimana, invece, le donne preparavano il pane; se non c'era il forno in casa, portavano le pagnotte a cuocere al forno del paese e, prima di metterle nel forno, facevano su ogni pagnotta una croce. Veniva cotta prima la pizza e successivamente il pane solo con farina bianca o con l'aggiunta di quella gialla, per renderlo più economico. Il pane era poi portato a casa, messo in testa sopra la "spara", che era un canovaccio arrotolato.

La domenica delle Palme ai bambini viene preparato e donato dai compari "u' sflacce" o collana di ciambelline decorate con naspro e confettini; nei matrimoni, la "grascia" all'uscita dalla chiesa consiste nel lancio sugli sposi di confetti e soldi. Per i battesimi e per tutte le altre feste vengono preparati i "turceneglie", i torroncini, le caramelle di mandorla e cacao incartate nelle veline colorate, i sospiri, le "scruppelle" ecc. A chi ha perso un familiare, invece, il vicinato prepara il "consolo".

Sono poi presenti anche molte tradizioni legate a coltivazioni rurali che oggi non ci sono più, ad esempio: la festa dello "scuz'là mazzocc" che non solo permetteva di togliere le foglie del granturco e preparare le trecce delle pannocchie, ma era anche un' occasione di incontro e divertimento, perché si poteva restare fuori fino a notte inoltrata tra canti, racconti, giochi e scherzi. Con le foglie delle pannocchie si riempivano i materassi mentre le pannocchie stesse venivano offerte a che partecipava alla festa o lessate o arrostite sul fuoco. Chi trovava "u mazzocc rusce" poteva gettarlo alla persona amata. A Sant'Antonio dopo la benedizione degli animali, si offrivano i "sciusci", dei chicchi di granturco lessati. Al Carnevale dopo il ballo della "pupazza", la cui tradizione si è conservata in Abruzzo solo a Villetta Barrea, il fantoccio femminile veniva bruciato perché le sue ceneri dovevano bonificare i campi e la vita del paese; la festa finiva con un bicchiere di vino e tante canzoni popolari.

A partire dagli anni '50 molti usi sono cessati, tuttavia è importante tener viva la memoria di tali tradizioni, insegnadole ai bambini nelle scuole e facendole rivivere nel paese.

I piatti ancora oggi ricorrenti nel territorio sono: sagne e fagioli, lasagne, "maccarun alla chitarra", gnocchetti o ravioli con orapi, pancotto con le cime di rapa, "u' cucnegl'", pecora al cotturo, arrosticini, patate cotte sotto la brace, "patate alla 'ngorda", scamorze arrosto, salsicce, trote al vino bianco, lesche maritate, "u' casceglione", ricotta con centerbe e fragoline di bosco e, per concludere il pasto, la ratafìa.